the new lokobook_florence tattoo convention

è pronto, 130 pagine, qua. Dategli un’occhiata.

un utile oggetto di riflessione

La scarpiera fino a poco tempo fa era uno di quegli arnesi (non riesco proprio a chiamarlo “mobile”) che guardavo da lontano con aria superiore, un po’ come si fa con Biscardi o Gasparri, ma che per inspiegabili equilibri di coppia è entrato subdolamente nella traiettoria del nostro rapporto. Un’attenta selezione portò la specialista di casa a mettere gli occhi su un oggettino ikeano dal solito nome pieno di consonanti capace di contenere 36 scarpe e di causare una nausea perenne nel sottoscritto. Questo avveniva lo scorso anno, perché quella scarpiera non è mai stata disponibile nel negozio Ikea facendomi pensare che il buon senso avesse avuto la meglio sui freddi piani di marketing di un’azienda che ha globalizzato il gusto scandinavo e le polpette (anche il primo spesso indigeribile). Venerdi ci è arrivata una mail: quella cacata era in negozio e siccome temevamo un improvvido calo di tensione abbiamo immediatamente programmato una puntata domenicale per accaparrarci l’agognato contenitore dei contenitori delle mie appendici. Alle otto emezzo, abbattuti i sedili e fatto un pieno in un distributore che annunciava il gasolio self a 1,285 e poi te lo fa ritrovare a 1,310, siam partiti all’alba verso quel non-luogo che è IKEA, che è infilato in quel non-luogo ancor più grande che è l’Osmannoro dentro cui sta l’Aiazzone scandinavo vicino a Chiappini, Roberto Cavalli, una discarica, la triste Metro e un paio di quegli alberghi che i francesi hanno disposto nei luoghi più brutti del pianeta, ma sempre ben visibili da un’autostrada trafficata. Il vantaggio di arrivare da Ikea venti minuti prima dell’apertura è che trovi parcheggio venti metri più vicino all’ingresso e poi ti fanno aspettare l’apertura in mezzo a un mucchio di gente, ma già dentro il negozio (non so se si possa chiamare così l’esperienza Ikea), appena salite le scale, fra i sacchi gialli, le pile di cataloghi e le matitine. Dopo i divani, gli scaffali, le cucine, le sedie, i tavoli, gli armadi, ma prima dei letti, dei giochi e di un caffè schifoso c’era la scarpiera dei sogni, in tutto il suo splendente color “nero-marrone” (una tonalità camaleontica pensata da strateghi della società per soddisfare una più ampia nicchia di mercato) e nella sua ammiccante funzionalità fatta da due pacchi separati da 35 chili l’uno e da, lo scoprirò dopo, un manuale di montaggio con una quarantina di passaggi e la ventilata capacità di contenere in uno spessore ridottissimo (e spero con grandi doti di isolamento olfattivo) quel popò di volume di calzature. Dopo una missione così, arrivati a casa verso mezzogiorno la giornata per me pareva esaurita tanto che, per compatirmi, la consueta emicrania domenicale non si è fatta vedere nemmeno da lontano. Adesso è tardi, le scatole sono aperte, il manualetto è lì con accanto il sacchettino delle 53 viti e della brugola, ho messo in carica l’avvitatore e aspetto in gloria che Jane se lo monti, quell’intruso.

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Ozzy+Korn by lokolook

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Lillatro by michbold+officine fotografiche

how to destroy angels_the believers

parole scritte a mano

la prima pagina di una bozza scritta a mano di “Infinite Jest”.

Qua trovate una gallery di libri (di altri autori) che riempiva di annotazioni, tipo questo sotto di Don DeLillo.
Resto affascinato dalla forma e dalle relazioni che innesca l’annotazione scritta a mano nel contesto di una pagina, un brain storming permanente, senza fine, da tramandare. Provaci, a scrivere su un iPad.

la dieta è una questione di spazi

per un regalo del destino sto leggendo da mesi un solo scrittore, David Foster Wallace, che poi sono un paio d’anni ormai che lo sto leggendo impelagato come sono in “Infinite Jest” che poi non è un libro, ma una biblioteca di Babele ormai insediata sul comodino.

Comunque ora sono dentro a “La scopa del sistema” e da pagina 98 a 113 sembra di rivedere l’episodio del signor Creosoto di “Monty Python’s The Meaning of Life”, senza il vomito e la mentina, ma con una teoria sulle diete espressa da mister Bombardini che non fa una piega: in pratica dice che la dieta è una contrazione dello spazio che occupiamo, così lui mette in atto l’azione opposta (yin e yang, insomma) e mangia senza sosta per tendere ad occupare uno spazio infinito.

“Stasera mangerò. Mangerò spropositatamente, e in solitudine. Giacchè ormai la mia solitudine è spropositata. Mangerò e da ogni mio poro zampilleranno succhi, e se qualcuno mi si farà troppo vicino, ringhierò e gli pianterò una forchetta nella pancia, così, vedi?”

“Signore, la prego!”

“Corri e salvati la vita. Portami qualcosa che mi plachi. Stasera crescerò e crescerò e con l’orrore della mia gelatinosa presenza colmerò l’assenza che mi circonda. Yin e Yang. In crescita costante, corri!”

Son le coincidenze uno dei miei peccati di gola e quel video, prima di arrivare a pagina 98, l’ho rivisto proprio l’altroieri, ho un testimone.

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