da alino, dal vernacoliere_osculantismo
l’amico alino, sempre attento alle tematiche legate all’integrazione, alla lotta alla discriminazione e ai capi tecnici in microfibra e pile mi segnala la circostanziata presa di posizione del Vernacoliere contro l’oscurantismo del clero in tema di diritti civili. I temi sono quelli abituali della querelle politica attuale, da vallettopoli a Sirchia: potta, tromba, culo e seghe. Il Vernacoliere, anche qui, vanta innumerevoli tentativi d’imitazione da parte della vita reale.
ieri
spermatozoi volanti nel cielo della Darsena
far cry_se il buongiorno si vede dal mattino
dal nuovo album che uscirà il primo maggio, il singolo “Far Cry” ascoltabile integralmente qua
zoismi_la musica delle parole
rende più ascoltandola, comunque…
“il suo nome “aria“ ha quattro lettere: a, r, i, a.
Il tuo “zoe“, tre: z, o, e.”
“il tuo, daddy, ne ha quattro: m, ich, el, e”
helvetica>un film per un font
Una volta c’erano i trasferibili, gli R41 perlopiù perché i Letraset costavano una fortuna, in cui la varietà di caratteri disponibili era limitatissima e la cui difficile applicazione facilitava il passaggio all’ateismo.
La faceva da padrone un font dal nome antipatico che ti ritrovavi cucinato in tutte le razze possibili, dal plain all’italic, dal bold al condensed, compressed ed extended: l’Helvetica. Per anni mi sono chiesto come mai non venisse meno quel trionfo di (apparente) banalità . Dal trasferibile al computer ho continuato a detestarne la testardaggine con cui non tramontava, ma lui, grazie alla svizzera costanza ha avuto la meglio: oggi spesso parto da un’idea di lettering cercandolo nel menu font per poi trovarmi a sforzarmi di non usarlo solo per un pregiudizio di troppa facilità stilistica. Quello che scambiavo per banalità era rigore, coerenza e un comportamento mai sopra le righe. Una neutralità mai così densa di significato, una vera prova di carattere. Un font perfetto per la maggiorparte delle occasioni che viene proprio dalla terra del Victorinox, il coltellino multiuso svizzero.
L’esperienza personale mi serve solo a dire che siamo di fronte ad un fuoriclasse e come tale va celebrato, in questo caso con un film.
“Helvetica” è un documentario che celebra la tipografia, il disegno grafico e la cultura visiva in genere. Guarda alla proliferazione di un carattere (che sta celebrando il suo cinquantesimo compleanno quest’anno) come parte di più grande riflessione circa il modo con cui, consapevolmente o no, ha toccato e continuerà a toccare le nostre vite.
La pellicola è un’esplorazione degli spazi urbani di alcune grandi città alla ricerca di questo carattere che le abita in gran quantità inframezzate a conversazioni con famosi graphic designer sul loro lavoro, il processo creativo e l’estetica che sta dietro il loro uso dell’helvetica (da Erik Spiekermann a Massimo Vignelli, da Neville Brody a Stefan Sagmeister, da David Carson a Tobias Frere-Jones).
Uno sguardo più profondo all’universo di parole che ci circonda: io a Berlino vedo in Meta, a Londra in Helvetica.
Aspetto in gloria il dvd.
Da parte mia le scuse gliele ho già fatte ed è ormai un po’ di tempo siamo ottimi amici.
zoismi_superlativi assoluti
“daddy, te sei bello”
“grazie, e mummy?
“mummy è più bella…e anche te sei più bello”
steso sul divano con un polpaccio addolorato bastonato da uno scontro in scooter mi sono bevuto due birre e una poesia di Erri de Luca letta da lui alla televisione. Era un sacco che non mi sentivo così rapito dalle parole di qualcuno.
Eccole, quelle parole.
Valore
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finche’ dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e’ risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varra’ piu’ niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che .
Considero valore sapere in una stanza dov’e’ il nord, qual’e’ il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
Da Opera sull’acqua e altre poesie, Einaudi, 2002