da ofp_Recinzioni: Vista_Shrek 3

salutiamo il ritorno su queste pagine di ofp, sintetico e immaginifico come sempre.

Tutti dicevano: ” E’ impossibile superare un capolavoro come Shrek 2. Sarà sicuramente una delusione…”
E quelli della Dreamworks vengono incontro al pubblico anche stavolta.
Il film è come ce l’immaginavamo: Una schifezza!!!

ofp

da ofp_recinzioni_Nine Inch Nails “Year Zero”

Lo abbiamo prelevato mentre caricava la lavastoviglie.
Abbiamo abbattuto la porta con un colpo di ariete. Che contravvenendo alla sua fisicità blindata è venuta giù come una scenografia di cartapesta. La cosa che più mi ricordo di quegli istanti concitati è proprio il rumore della porta: quasi ovattato, talmente fragoroso era l’inferno scatenato dalla mia squadriglia speciale.

Il sospetto non ha avuto nemmeno il tempo di gridare. Gli è cascato un piatto dalle mani (questo danno e la porta saranno comunque risarciti dal Ministero della Moralità). Gli abbiamo messo un cappuccio in testa, legato le mani e i piedi. E portato via. Mentre scendevamo le scale ho notato che il tipo si stava pisciando addosso. Quindi lo abbiamo fatto salire su una camionetta.
Tutta l’operazione, dall’incursione alla messa in sicurezza del condominio è durata al massimo 3 minuti. Dopo mezz’ora eravamo sul velivolo, direzione mare.
L’imputato, seduto accanto a me, a un certo punto mi ha fatto un segno con la mano e mi ha allungato di nascosto una chiavetta usb. Non so perchè lo ha fatto. Tanto meno so perchè io l’abbia messa in tasca.
Qualche minuto dopo aver sorvolato Gorgona, il maggiore mi ha fatto un cenno, io ho aperto il portellone, ho preso l’incappucciato per un braccio e l’ho spinto nel vuoto.
Adesso sono in casa. Mi giro e rigiro la chiavetta fra le mani. Poi mi decido; accendo il computer e la inserisco nella porta usb.
È il nuovo cd dei Nine Inch Nails… Cazzo! No! Ecco il motivo della soppressione del tipo di oggi. Però aspetta… Dopo la caciarona intro di Hyperpower, c’è questa Beginnig of the End niente male. Ti prende subito. Mhh… Già il titolo è un programma: Survivalism, il terzo pezzo è molto pericoloso. Skippo alla quarta.. Oeh!? Bbuono… Molto buono il riff di chitarra di Good Soldier. Batteria quadrata. Quasi dance. Ritornello da vero paraculo. Finale con bellissimo giro di chitarra e xilofono ( questa me la copio per tenermela in macchina ). Urgh! La quinta… Vessel: cupissima e cibernetica. Eppure ha un testo romantico: Il corpo da riempire. In tutto il cd continua la sensazione che Trent Reznor abbia voglia di cantare con cadenza pop. Si sente in questi “c mon” in questi “heah”. Soprattutto in brani come Capital G, che avanza con ritmica shuffle o Meet your Master. Notevolissime Me, I’m Not, e le pagine più scure come My Violent Heart o Greater Good. Stranissima per i canoni compositivi dei NIN, una canzone come The Great Destroyer.
E poi il finale, grandioso, dalla strumentale Another Version of the Truth, passando per In this Twilight ( chiaramente il vertice del disco ), alla catastrofistica Zero Sum, con una scarna linea melodica che avrebbe voluto David Bowie….
Bello. Notevolmente più bello di With Teeth. Di cui prosegue la sensazione di musicalità più aspra e pop (per quanto Reznor riesca a essere digeribile dalla massa).
Ho deciso: mi copio tutto Year Zero.
Mentre ho quasi terminato l’operazione sento un grandissimo botto dalla sala.
Sono atterrito vedendo la squadra degli incursori del Ministero della Moralità irrompere in casa mia.
Dopo qualche minuto sono già in volo sul Tirreno.
Il maggiore mi da una pacca sulla spalla.
Si apre il portellone.

[]][[][per chi non l’avesse visto e volesse capire di più lo sfondo della recinzione]][][]]

da ofp_Recinzione: Vista > INLAND EMPIRE

“Che ore sono?…”( risate registrate del pubblico )
Questa roba, prova a essere una recensione del nuovo, enorme, film di David Linch.
Io vi dico subito che sono sufficenti i primi 3 minuti di visione per giustificare il prezzo del biglietto: Interno di una cupa stanza d’albergo. Bianco e nero. Due amanti parlano in una lingua slava ( sottotitolata ). Lui le sta dicendo cosa vorrebbe che lei facesse. Particolare linchiano: I volti dei due sono avvolti da una specie di nuvola, sfumati, sfocati. Volevo alzarmi dalla poltrona. Non riuscivo a sopportare la bellezza della scena. Quadri dal significato oscuro.
Io adoro Linch. E’ un genio. Uno dei massimi registi americani di tutti i tempi. Per i suoi fan, è stato ed è fonte di ispirazione inesauribile. Conigli umanoidi.
E inesauribile è l’interminabile matrioska emotiva che risponde a INLAND EMPIRE. Tre ore scarse sono una prova sulla carta impegnativa. Anche per i cultori della sua cinematografia orfeica. Puttane.


Eppure vi dico che scorrono abbastanza lisce ( risate registrate del pubblico ). Io sono arrivato al cinema abbastanza prevenuto dai giudizi della critica che, seppure quasi unanimemente positivi, lamentavano l’ermetismo della trama. Crampi. Ma, col senno di poi ( col sogno di poi ), secondo me la storia è abbastanza semplice: Il film è in grandissima parte il naufragio all’interno dei sensi di colpa della bravissima Laura Dern. Che in I.E. interpreta un attrice a cui viene affidata la parte della protagonista in un remake di un vecchio film europeo mai terminato. Il co protagonista di questo remake è Devon ( Justin Theroux ), che ha il piccolo problema di non riuscire ad avere il sopravvento sul proprio organo sessuale. Squallore familiare. Devon, seppure dissuaso dagli amici, che lo avvisano della gelosia folle del di lei marito, deve fare un altra tacca sul suo pisello e infatti conquista la Dern. Figli mai avuti.
Da quel momento il film ( che già avanzava secondo le dinamiche sghembe tipiche di David Linch ), molla gli ormeggi e discende in un labirinto onirico e percettivo. Il mondo intero pare scivolare nell’incubo soggettivo della Dern. Cacciaviti.
Come sempre, anche in I.E. persistono e vengono amplificati i temi cari a Linch: e specialmente quello del doppio e della dissociazione, è il centro di gravità della pellicola. Una strada di campagna. Niente e nessuno è come sembra in apparenza. Espiazione del peccato.
All’inizio del film, la squilibrata nuova vicina di casa dice alla Dern: ” Immagini se oggi fosse domani “.
E’ una frase rivelatrice, poichè il tempo perde immediatamente qualsiasi forma di avanzamento sensato. E gli eventi si sovrappongono, si frammentano e si ricompongono. Scale da salire. Si perdono in corridoi oscuri. Si inoltrano in stanze dove qualcosa è accaduto o dove forse non è mai accaduto nulla. Le amanti rivali scivolano al ruolo di puttane. Feti abortiti. Mariti sterili. Figli ritrovati.
Cacciaviti. Balletti. Squallore familiare. Conigli umanoidi.
Sedute spiritiche. Confessioni. Mogli vendicatrici.
Espiazione del peccato.
Una strada di campagna.
Scale da scendere.
Scale da salire.
Clown demoniaci.
Urla nel buio.
Crampi.
Fantasmi.
Derelitti.
Quadri dal significato oscuro.
“Stai solo morendo, piccola…”
“Non ci sono autobus per Pomona”
“Che ore sono?… “( risate registrate del pubblico ).

p.f.o.

Il conto alla rovescia inizia

il nuovo album dei Rush esce il primo maggio e si intitola “Snakes & Arrows”.
A seguire tour, spero mondiale, spero anche italiano.

neil peart

Nel frattempo mi riascolto qualcosa, via, tanto per riabituarmi alla complessità del mondo.

da ofp_Recinzioni: Udito: Peeping Tom

Il nuovo progetto di Sua Altezza Reale Mike Patton si chiama Peeping Tom. Ho letto recensioni non troppo convinte dal carattere eterogeneo e piacione ( ? ) del disco. Beh… Sapete che c’è? L’unico pezzo debole mi risulta essere “Getaway”, un hip hop di cui non sentivo la mancanza. Spero che i lettori del blog sappiano che Patton va approcciato con le pinze.
L’immagine tipica per capire la sua musica è quella del clown psicopatico che irrompe alla festa dei bambini.

Per il resto, piazzate “Five Seconds” e liberatevi per sempre delle adenoidi. Oppure “Mojo”, arpeggio di chitarra stinghiano su cui si insinua la voce di Patton da internato al manicomio di Montelupo. Il bridge e il ritornello sono perfetti. ” Your Neighborhood spaceman ” con il ritornello quasi rag-time, profuma di Mr.Bungle già dal titolo e piacerà a Tarantino come soundtrack di qualche suo film. “Kill the Dj” è prodotta insieme ai Massive Attack, e come potrete capire la collaborazione è foriera di un atmosfera allegra quanto un sabato pomeriggio trascorso con la suocera in un tinello in penombra ( con una mannaia sul tavolino da tè ). “Caipirinha” è l’ennesimo episodio calypso stordito della discografia pattoniana. Godibile come al solito. “Sucker” vede Norah Jones ( ! ) divertirsi a fare il verso a Peach. Comunque il culmine è alla fine del disco: “We’re not Alone” è stupenda, con il suo ipnotico cantato in falsetto che esplode in un bellissimo ritornello alla Faith No More.

Ve lo dico con la pipa in bocca, in una stanza zeppa di animali impagliati: Questo disco a me mi piace.
E anzi: Il sedici ( tre giorni dopo i Tool ) sarò alla Flog a buttarmi via. Mike Patton torna sul luogo del delitto. Che concerto 4 anni fa…! Ti ricordi Michele? Ci si vede lì.
Oh! Al limite te lo racconto.

da ofp > recinzioni_tool “10.000 days”


Ieri mi aggiravo fra gli scaffali della Ricordi di Firenze in cerca di ispirazione per comprare un cd. Sentito il Red Hot e addormentato al quinto pezzo (anche se ammetto che a confronto di By the way è un passone avanti). Tentenno di fronte al nuovo dei Pearl Jam. Bel tiro. Grezzo e puro ma… E’ dai tempi di Vitalogy che non mi entusiasmo più. Cazzeggio senza soluzione finchè la retina registra l’immagine del nuovo dei Tool. Ecco ciò che ci vuole! Roba pesa.
Dopo un periodo di sbrodolamento per il lounge, di electro dance, ho voglia di tempi dispari. Coi Tool sei sicuro: trovi pane secco per le tue zanne.
Il digipack è già nelle enciclopedie delle migliori copertine dei dischi di ogni tempo. In pratica ci sono due lenti che permettono la visione stereoscopica delle immagini del libretto. La stereoscopia è quella tecnica di stampa che fa apparire tridimensionali le foto. Tutto l’art direction è come al solito opera del chitarrista Adam Jones. Indi per cui, alchimia, psichedelia e simbologia arcana a secchiate. Ma mi va bene. Ho voglia di avventurarmi in questo labirinto.
Dopo tutta questa menata sul art work del cd che dire della musica?
Dico solo questo: Piazzate la 5. Si chiama “The Pot”.C’è tutto dentro.
E’ la pietra filosofale. E’ la tavola smeragdina. Ermete Trismegisto… Ma soprattutto è la quintessenza del ROCK. Bello tosto. Michele ci sbaverà sopra di sicuro.
Ascoltate Rosetta Stoned e ditemi che se non vi disinnesca la sinusite cronica. Oppure la magia di Right In Two.
Al terzo ascolto di “10.000 days” mi perdo…
Mi ritrovo con gli occhialini stereoscopici a guardare immagini tridimensionali di cerchi di fuoco. Mi ritrovo alla villa di Careggi…
Faccio parte dell’Accademia Platonica.
Risplendo.
Quando ecco che, Pico della Mirandola, seduto accanto a me mi fa:
” Che cazzo mi significhi te in questo consesso?”.
Gli alzo distrattamente il dito medio in faccia, mentre guardo beffardo Marsilio Ficino.
“Long live Rock and Roll”, gli dico.
Lorenzo il Magnifico, solleva gli occhi dal Corpus Ermeticum e mi fa:
“Hell, yeah!”

Enorme. Difficile. Estenuante. Bellissimo disco.

ofp

altrolato

Giacomo è un architetto bravo, visionario, che progetta con una lingua sua, fatta di suggestioni, leggerezza e bestemmie coi clienti: riesce a parlarla e a scriverla sempre meglio, progetto dopo progetto, fregandosene della scala dell’intervento. L’Altrolato è nella zona della darsena fra la pineta e i cantieri, in una posizione in bilico fra la resina dei pini e quella degli scafi degli yacht, è fatto di legno e vetro ed è un piccolo bar-ristorante. Dal fuori la trasparenza fa leggere tutta l’architettura, con quel tetto che appoggiato su una goccia di vetro. Dall’interno del locale si vede la pineta e le travi si allungano fino a diventare gli alberi di fronte. La lezione sulla leggerezza di Calvino, ancora una volta, ha generato una forma ideale.

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